"Lea Karen Gramsdorff.
A Cagliari dopo Scola e Wertmüller"


Lea Karen Gramsdorff.
A Cagliari dopo Scola e Wertmüller.

di Massimiliano Messina
(Sardegna Quotidiano, 11/11/11)

Lo sguardo, gli occhi, i tratti, i colori, dicono subito che in lei di italiano non c’è molto. Eppure, a dispetto del nome, Lea Karen Gramsdorff, classe ’74, è nata a Lecco, immersa nei luoghi manzoniani, da genitori tedeschi però. L’aspetto non può mentire così spudoratamente. Fin da piccola “promessa sposa” ad una ed una sola vocazione, quella per la recitazione. Intuizione precoce. Giovanissima si trasferisce a Roma, entra al Centro Sperimentale di Cinematografia, dove si diploma. Finalmente attrice, ufficiale, riconosciuta. Il cinema non era inizialmente nei suoi orizzonti, la passione era tutta per il
palcoscenico. Ma l’incontro con la macchina da presa è stato fatale. E promettente. Debutta infatti con Ettore Scola ne “La cena” e lavora diretta da Lina Wertmüller, “Ferdinando e Carolina”, Franco Giraldi, Lino Capolicchio.
E poi televisione, produzioni importanti. È coprotagonista nel film Rai “Einstein”, regia di Liliana Cavani. Personalità di spicco, maestri della celluloide. Il teatro è sempre stato lì, ad un passo, a girarle intorno. “Ricorda con rabbia” di Osborne, a Parma. «Un’esperienza importante, ma essendo abituata al cinema l’impatto con il pubblico è stato scioccante. Poi mi spaventavano le tournée». Lea sembra abbandonare la strada del palcoscenico. Sembra.
Perché la Gramsdorff, una quasi tedesca in prestito, vive da dieci anni a Cagliari, dove, ironia della sorte, lei, «con l’ossessione del set, cinema e tv», al teatro è tornata. E ha scoperto una passione parallela, esplosa compiutamente, la pittura (domani inaugura una personale allo Spazio P in via Barcellona): «Una seconda carriera, che sto costruendo pian piano». Una ripresa soft quella sulla scena, letture, “piccole cose”, ma la percezione che la dimensione di attrice teatrale andasse recuperata. L’occasione, l’incontro con Akroama e Lelio Lecis, che l’ha fortemente voluta per riproporre il suo spettacolo “Come vent’anni fa”, al Teatro delle Saline, ieri la prima e ancora stasera alle 21 (con Ottavia Guarnaccia, violino, Chiara Moccia, viola, Giada Vettori, violoncello, musiche di Mauro Palmas, arrangiamenti di Riccardo Leone, costumi di Marco Nateri). La solitudine e la malinconia, una donna, commessa in una polleria, attrice precaria, intenta a provare la parte di Ecuba, regina di Troia, il bisogno di sentirsi guardata. I gesti, i pensieri, i dubbi del suo quotidiano si intrecciano con quelli evocati dal mito. 


Lo spettacolo alle Saline.
Tragicità diverse, linguaggio drammatico e momenti più leggeri, addirittura grotteschi. «Uno spettacolo che gioca con differenti piani teatrali», spiega Lea Karen. «Il piano della recitazione classica, epica, quello dell’attrice che si relaziona con il personaggio di Ecuba e il piano cinematografico, il monologare dell’attrice, inconsapevole di farlo. Si rompe la quarta parete, ma il pubblico non c’è, forse esiste solo uno spettatore». Una parabola sul teatro, sull’essere guardati. Perché mi guardi? Chiede ripetutamente l’attrice in scena. «Un’esperienza forte, anche dal punto di vista recitativo, che mette a confronto il teatro classico con quello contemporaneo, che assomiglia al cinema». Dopo dieci anni a Cagliari la Gramsdorff non si lamenta, anzi. «Ho avuto la fortuna di lavorare, di tornare al teatro, realizzando così il mio sogno d’infanzia».
La spola con Roma comunque continua. Recentemente ancora fiction, “Don Matteo”, e un progetto di Rai Cinema, un docufilm che, guarda un po’, si intitola “Venti anni”, sulla caduta delle grandi ideologie. «Ma è diventato molto difficile lavorare, anche in Rai. Gli spazi sono diminuiti, la concorrenza è aumentata».
L’importante per Lea è raggiungere un punto di equilibrio con quello che si ha. A Cagliari si è dovuta abituare alla distanza dalle sue “ossessioni”, dal set. «Ma ho imparato a cimentarmi anche con pochi mezzi e ho partecipato a progetti di giovani autori e registi molto interessanti».
Rimpianti? «No, sono una persona senza radici, qui ho trovato una piccola radice. Cagliari mi è ormai familiare». Ma… non esclude un giorno di riprendere il volo. Un sorriso, largo, e la verità viene fuori. «Dopo dieci anni non sarebbe facile andare via, ma potrei un domani trasferirmi a Roma, a Parigi o a New York».